PMI più Patrimonio?
SÍ, ma con meno tasse e aumento delle dimensioni aziendali.
La crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008 negli USA, ha paradossalmente prodotto più guasti in Europa ed uno sconvolgimento epocale in Italia (in particolare nel Veneto fra le Pmi).
Il lascito della crisi non è solo una ripresa lenta e a macchia di leopardo, bensì una serie di problemi irrisolti per le Pmi che hanno nel tempo solo cambiato sembianze e proporzioni.
La crisi attualmente si presenta come l’urgenza di:
- modificare l’approccio ai mercati nell’era del web;
- aumentare le dimensioni aziendali;
- migliorare le condizioni di accesso al credito.
La possibilità di utilizzare le opportunità offerte dall’impiego dei nuovi mezzi di comunicazione, come internet ed i social e la necessità di aggregazioni per aumentare le dimensioni, rappresentano delle occasioni di sviluppo. La difficoltà di accedere al credito nel nostro paese e nel Veneto in particolare, minano la possibilità di sopravvivenza del sistema delle Pmi nel Nordest.
Non è solo la crisi delle banche locali in difficoltà come Popolare Vicentina e Veneto Banca che preoccupa e fa mancare il sostegno creditizio alle Pmi nel Veneto.
E’ il calo preoccupante del credito bancario in generale che tra dicembre 2011 e febbraio 2016 si è ridotto di ben 112 miliardi di Euro in Italia.
La situazione purtroppo non è cambiata nemmeno con gli interventi della BCE.
Interessante la verifica fatta dalla Confederazione Nazionale Artigiani dal settembre
Le imprese con più di 20 dipendenti hanno ottenuto una crescita tendenziale del credito bancario dello 0,7%, quelle al di sotto invece una riduzione dell’ 1,7%.
Il sistema bancario non pompa più risorse come in passato verso le Pmi.
Tutte le ricette messe in campo, dalle moratorie ai Consorzi fidi o all’intervento del Mediocredito Centrale, hanno lenito, ma non curato, il problema della cronica mancanza di credito bancario nei confronti di aziende troppo indebitate e sottocapitalizzate, per poter impostare piani di sviluppo. Il risultato è vivere alla giornata, ed essere votate solo alla sopravvivenza o all’ineludibile fine nel default prima o poi.
Serve una rivoluzione copernicana dove un accordo fra governo, banche, associazioni di categoria produca una reale inversione di tendenza.
La ricetta è nota ed è: aliquote ridotte per chi lascia redditi in azienda (in particolare per le imprese individuali e le Snc) e prestiti veloci e low cost.
Bisogna sapere che per le banche erogare un finanziamento o una linea di credito sotto i 30.000 € applicando un tasso nominale del 5% su base annua, che aumenta all’8% finito per effetto delle spese di istruttoria e/o della commissione messa disposizione fondi, produce una contribuzione negativa, se l’erogazione viene fatta secondo le regole di Basilea.
Sotto tale importo minimo, una linea di credito non è conveniente per nessuna banca, a causa di spese di struttura e dell’assorbimento di capitale imposto alle banche dal sistema di monitoraggio dei rischi detto Basilea 3.
Per superare la ritrosia bancaria ad aprire i rubinetti del credito in modo continuativo le aziende devono quindi aumentare il patrimonio e di fatto crescere di dimensioni. Nel Veneto questa esigenza è divenuta a nostro avviso di drammatica priorità.
Solo una legislazione fiscale vantaggiosa e un’azione informativa e di indirizzo da parte delle istituzioni (governo ed enti locali, camere di commercio, etc.) e da parte di tutte le associazioni di categoria (sia dei datori di lavoro che dei sindacati dei lavoratori, tutti sulla stessa barca) possono indurre i piccoli imprenditori a lasciare i quattrini in azienda, stringere accordi sindacali tendenti al recupero di produttività ed efficienza, liquidare patrimoni personali per reinvestirli nell’azienda di famiglia, impostare piani di sviluppo dimensionale e di mercato che il sistema bancario, a questo punto, finanzierebbe con maggior gradimento e a tassi sopportabili.
Si riuscirà nel Veneto a fare sistema e ad indirizzare ad esempio
Il default delle maggiori banche popolari territoriali come Pop Vi e Veneto Banca dovrebbe far riflettere non solo sul versante delle responsabilità dei manager o dei Consigli di Amministrazione di tali banche, ma anche sulla mancanza di attenzione della Regione sul versante del credito in generale. Sarebbe ora che tale istituzione facesse tesoro degli errori del passato e della mancanza di sufficiente spinta di aggregazione, per passare ad impostare un nuovo sistema di relazioni che faciliti in modo stabile l’erogazione del credito alle Pmi, motore indispensabile per la ripresa.
Non bastano più i contributi a pioggia, gli interventi settoriali con messa a disposizione di risorse modeste, ma l’adozione di un piano complessivo del credito che abbia come regia