IL PEER TO PEER LENDING
Il peer to peer (p2p) lending è la nuova frontiera dei prestiti verso privati ma anche verso le pmi.
Si tratta di una soluzione alternativa al tradizionale canale bancario. I prestatori sono privati, che attraverso una delle diverse piattaforme autorizzate in Italia da Banca d’Italia, possono finanziare sia le imprese sia le famiglie. In cambio ricevono degli interessi, che mediamente si aggirano intorno al 5%, un rendimento che non ha nulla da invidiare al mercato azionario e di gran lunga superiore a quello offerto dai titoli di Stato e dalle obbligazioni investment grade.
Un’altra caratteristica di questa particolare forma di investimento è la trasparenza poiché i prestatori vengono a conoscenza dell’età dell’azienda, il settore e la zona di provenienza, il fatturato e possono vedere anche il piano di ammortamento e i rendimenti in itinere.
Fino al 2017 il mercato del p2p in Italia viaggiava con il freno a mano tirato a causa di una tassazione ad aliquota marginale che colpiva i rendimenti, ma con la Legge di Bilancio 2018, i rendimenti ora subiscono una ritenuta del 26%, al pari di tutti gli altri redditi da capitale. L’anno scorso tutte le piattaforme di lending operative in Italia, comprese quelle che scontano le fatture (invoice trading) hanno più che raddoppiato l’erogato (763 milioni di euro) e il primo trimestre del 2019 ha confermato questo trend.
In Italia si contano complessivamente 6 piattaforme specializzate nel social lending: quattro sono focalizzate sui prestiti verso privati (Smartika, Prestiamoci, Soisy e Youited Credit), le atre due sui prestiti verso le imprese (Borsadelcredito.ie e October). Ci sono anche otto aziende venete tra quelle che hanno fin qui ottenuto finanziamenti tramite October.
L’adesione è tutta digitale: si crea un account, si firma il contratto e si effettua il primo bonifico. A quel punto si è già operativi ed è possibile scegliere la composizione del portafoglio di prestiti, il tasso e la durata. Il marketing & sales manager di Borsedelcredito.it Montesarchio, dichiara che il 95% dei prestatori sceglie però la proposta chiamata “profilo gestito”, dove sono gli esperti della piattaforma che vanno ad associare i capitali con i prestiti deliberati: la diversificazione media è dell’1%, dunque un capitale di 10mila euro ad esempio, è suddiviso in 100 prestiti. Ciò permette di abbattere il rischio legato al mancato rimborso. Montesarchio spiega che man mano che i finanziamenti vengono rimborsati, il prestatore riceve i capitali comprensivi degli interessi. E’ possibile ritirare i propri soldi prima della naturale scadenza del prestito, vendendo il portafoglio residuo su un mercato secondario interno alla piattaforma, ma solo per i prestiti regolari.
Tutti possono diventare prestatori, basta avere 18 anni e un codice fiscale italiano, poi sarà la piattaforma a fare gli opportuni controlli antiriciclaggio. Dei richiedenti il prestito, che siano privati o aziende, viene verificata l’affidabilità creditizia. Nel caso di Bancadelcredito.it vengono selezionate aziende con almeno 2/3 anni di vita, italiane e con un fatturato minimo di 50mila euro l’anno. Vengono inoltre analizzati gli indici di bilancio per testare la buona salute dell’impresa. Mediamente su 100 aziende che fanno richiesta ne vengono finanziate solo 5.
Per quanto concerne i costi Montesarchio spiega che Bancadelcredito.it chiede una commissione dell’1% sulle somme prestate inferiori a 10mila euro. Il primo anno la gestione è totalmente gratuita, considerando che viene pagata per conto del prestatore anche la ritenuta del 26%. Dal secondo anno, si paga la commissione, tanto più bassa quanto più alto è il capitale. Non è prevista l’imposta di bollo trattandosi di un conto di pagamento.
Visto che il rischio che qualcuno non onori i pagamenti esiste sempre, come forma di tutela e garanzia Bancadelcredito.it chiede un contributo alle aziende che richiedono un finanziamento da accantonare in un apposito fondo di protezione, da utilizzare in ultima istanza, e dopo l’attività di recupero crediti, per ripagare integralmente il debito. Se il fondo non avrà la capienza necessaria non potrà però restituire il 100%, ma in tre anni e mezzo di vita non è mai capitato che il fondo non fosse capiente.