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La nuova scommessa del Veneto: creare un modello per i giovani 

2019-07-12 00:00:00.0000000

La nuova scommessa del Veneto: creare un modello per i giovani

Il conferimento del titolo di Patrimonio dell’umanità alle colline di Conegliano e Valdobbiadene è una notizia che deve rendere orgogliosi i veneti e l’Italia tutta.

La certificazione dell’Unesco conferma che esiste un’Italia che attraverso il lavoro esprime cultura e valore economico

Questo grande risultato per contro mette in secondo piano le difficoltà delle città venete ad affermarsi come punto di riferimento nella geografia che conta a livello nazionale ed internazionale.

Più o meno 10 anni fa si provavano a mettere a fuoco le potenzialità di un possibile polo metropolitano composto da Padova, Venezia e Treviso. Le tre provincie contavano assieme più di due milioni di abitanti e pensavano di avviare un processo di integrazione in grado di bilanciare la crescita di Milano nei settori chiave della produzione industriale, dei servizi, delle utility e della formazione. Ipotesi naufragata ad eccezione dell’integrazione intervenuta fra Confindustria Padova e Unindustria Treviso.

La politica regionale non si è mai appassionata all’idea di uno sviluppo incardinato su uno spazio urbano con funzioni di traino per l’intera regione. Ha invece privilegiato il turismo e le vigne, rispetto alla crescita delle fabbriche 4.0 e ai servizi high tech, per non parlare del settore del credito e della finanza di fatto liquidato a vantaggio di Milano. In un tale contesto giovani Ingegneri, Analisti finanziari, Economisti e Chimici hanno trovato nel Veneto sempre meno posti disponibili anche perché le dimensioni delle aziende e delle banche (piccolo è bello, tuttavia meno strutturato) richiedevano figure intermedie e poche figure apicali riservate a manager nei quali veniva apprezzata di più l’adesione al progetto originario di successo che all’innovazione che i giovani potevano apportare.

Il Veneto di questi ultimi anni pur crescendo in termini economici più della media nazionale, grazie ad un export particolarmente dinamico (di cui il prosecco è una parte importante), ha conosciuto quindi una diaspora di giovani qualificati.

Il fenomeno ha origini profonde, ma non è stato mai preso in considerazione dalla politica con la necessaria attenzione. Perché i giovani sono così poco attratti da un modello economico che ha assunto oramai il turismo e l’agroalimentare di qualità come punti di riferimento?

Alcune ragioni hanno a che fare con il desiderio di intraprendere percorsi professionali che consentano di sperimentare attività innovative ed originali. Altre riguardano il fascino esercitato da metropoli dinamiche: consentono di confrontarsi più sul merito che sulla fedeltà alla gerarchia, di sperimentare innovazioni tecnologiche e stili di vita più improntati al futuro rispetto alla tradizione. Il Veneto dei borghi anche se felici poco asseconda tali ambizioni e curiosità.

Le caratteristiche metropolitane degli anni 70 che hanno modellato il territorio del Veneto e che hanno fatto la fortuna di tanti produttori nel settore dell’abbigliamento, delle calzature, della meccanica e consolidato una classe media soddisfatta del proprio stile di vita, fanno fatica ad imporsi nell’attuale situazione economico-sociale. Molti giovani fanno fatica ad accettare tale strisciante declassamento delle città venete ed emigrano a Milano e/o all’estero.

Questa diaspora rischia di rappresentare nel tempo un problema consistente. Se è vero che il Veneto si ripropone di rimanere fra le regioni più ricche d’Italia in termini economici, di associazionismo, di cultura è difficile immaginare uno sviluppo senza i giovani di valore.

Pertanto sarebbe opportuno che la Regione provasse ad evolvere il suo modello di crescita, dando attenzione anche al nuovo urbanesimo che lo sviluppo tecnologico impone per stare al passo con la concorrenza delle altre maggiori città italiane ed estere.

La scommessa è immaginare sin d’ora un futuro possibile per le nuove generazioni  senza rinunciare ai risultati a tutto oggi ottenuti in questi anni nel localismo.