A parte il lodevole accordo del 29.02.2012 sulla sospensione/allungamento delle rate dei finanziamenti e/o leasing, spiace verificare come non si sia finora centrato il nocciolo del problema della carenza del credito: è un dato di fatto che un numero considerevole di Pmi fatichi, o non ottienga il credito richiesto, e se ottiene qualche delibera favorevole, deve accettare di sobbarcarsi di oneri finanziari pesanti.
Le soluzioni finora tentate, dopo numerosi convegni o accordi di categoria, puntano in gran parte, su due pilastri: intervento dei Consorzi Fidi e plafond speciali di linee di credito messe a disposizione da singole banche.
Purtroppo entrambi gli interventi si sono rivelati poco risolutivi in quanto sia l’intervento dei Consorzi di Garanzia che l’utilizzo dei diversi Plafond sono di fatto condizionati all’ottenimento da parte delle Pmi richiedenti di un rating adeguato, al momento non raggiungibile dalle imprese in difficoltà.
In molti casi abbiamo verificato che sia i Consorzi di Garanzia che le Banche appoggiano, dopo una minuziosa e spesso lunga istruttoria solo Pmi che ottengono un rating compreso fra le prime tre o quattro classi di merito, mentre per le altre tre classi è riservato il diniego o di solito la richiesta di soddisfare una o tutte le seguenti tre condizioni: garanzie accessorie da parte dei soci e /o depositi di loro disponibilità a latere; presentazione di una garanzia aggiuntiva da parte di un Consorzio di Garanzia Fidi, in grado di garantire almeno il 50% del rischio a prima presentazione, o l’applicazione di condizioni impossibili da sostenere (compreso il costo dell’intervento del Consorzio di Garanzia, che di norma applica una commissione flat dell’1% sul fido ottenuto, aggravando così il costo del denaro preso a prestito).
Quindi per le Pmi in difficoltà il problema resta il rating e le varie Associazioni di Categoria non hanno ancora capito che devono mettere in moto quegli elementi aggiuntivi che lo possono e lo devono migliorare per far uscire le aziende interessate dalle classi di merito negative e quindi riottenere credito.
Presentare un piano di ristrutturazione aziendale, un budget di contenimento dei costi e di miglioramento della presenza su mercati emergenti, l’applicazione del controllo di gestione e soprattutto della posizione finanziaria in via preventiva, sono tutti strumenti , che se addottati in modo sistematico, migliorerebbero il rating, ma che finora le Pmi non hanno affrontato con la dovuta dimestichezza, sia per mancanza di competenze interne che per il timore di aggiungere costi in una fase di crisi economica.
Manca allora l’idea di un minimo di mutualità: è inutile mettere a disposizione dei plafond di crediti, magari a tassi agevolati, se poi alla fine le aziende più bisognose non vi possono accedere.
Le Associazioni di Categoria, le Istituzioni, gli enti territoriali se vogliono concretamente aiutare le Pmi in difficoltà, dovrebbero mettere a disposizione fondi dedicati ad operazioni di garanzia finalizzate alla ricapitalizzazione delle Pmi e al sostegno di uno staff di professionisti in grado di orientarle nel percorso necessario ad introdurre in azienda i moderni criteri gestionali, oramai indispensabili per stare sul mercato.
A nostro avviso in presenza di un Business Plan plausibile, ottenuto a coronamento di un programmato riordino aziendale e di un piano di ricapitalizzazione sostenibile, molte delle Pmi in difficoltà, riottenerebbero un rating accettabile e ritornerebbero ad avere credito dalle banche a condizioni sostenibili.