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Uscire dalla crisi?  

2013-09-26 00:00:00.0000000

USCIRE DALLA CRISI?

(senza  fiducia e una ripresa del credito non è possibile uscire dalla crisi)

Prima della pausa estiva avevamo intravvisto qualche barlume di speranza di un difficile e lento superamento dell’apice   della crisi economico-finanziaria  dell’Eurozona e del nostro territorio in particolare. Pillole di fiducia dicemmo.

I segnali di ripresa degli ordinativi arrivati dalle aziende export- oriented  potevano far presagire ad un volano che si sperava potesse trasmettersi anche al mercato interno.

Al ritorno dalle ferie il polso della nostra clientela e l’umore in generale che percepiamo fra gli addetti ai lavori ( imprenditori, sindacati, banche etc.) non è dei migliori e non conferma i timidi segnali positivi. Permane una calma piatta, una incertezza sull’evolversi in futuro della crisi o dell’inizio di una ripresa, non si intravvedono decisioni strategiche importanti da parte di ciascun driver dell’economia. Estrema sintesi non è tornata la fiducia sul futuro.

Tutta colpa dell’instabilità politica e di un governo di ‘larghe intese’  incapace di imporsi? Tutta colpa per alcuni dell’Euro, dei tecnocrati  dell’Unione Europea, o infine della Germania egemone?

Noi  non siamo favorevoli al sterile gioco del cerino e che le colpe siano sempre dell’altro della porta accanto o della categoria antagonista. Certo che l’incertezza politica non aiuta.

Noi abbiamo qualche dubbio che la difficoltà ad uscire dalla crisi sia in buona misura legata alla psicologia  del popolo italiano  facile  sia agli entusiasmi che  alle depressioni profonde, ma incapace di guardare in faccia alla realtà economico-finanziaria mondiale che in questi ultimi anni costringe tutti  ( imprese, lavoratori, banchieri, amministratori, professionisti , politici)  al cambiamento, che viene  mal sopportato  se non rifiutato. In tale contesto di sfinimento e larvato pessimismo generale anche  le banche di cui il nostro ufficio si occupa, parimenti timorose, non concedono credito mentre  molte iniziative imprenditoriali  vengono rimandate ( sia per sfiducia che per difficoltà a ottenere credito) .

Il nostro sistema paese prima della crisi era  retto dalle pmi  , sorretto dal vantaggio competitivo della flessibilità in tutti i campi ( compresa la possibilità dell’ evasione fiscale purtroppo ) ,  da un ampio credito garantito da un sistema bancario molto articolato e legato alle imprese , e  quindi   in grado,  anche se a fatica , di supportare un sistema economico gravato dall’enorme peso  di un’economia pubblica assistita  ( oltre il 50% del Pil), da una pressione fiscale oltre misura e squilibrata ,  di un costo dell’energia spropositato  e da un costo del lavoro eccessivo. La crisi globale ha sconvolto tale equilibrio precario ed il ‘sistema italia’,   con il connesso ‘sistema creditizio’,  non si è  più potuto  indebitare oltre il limite raggiunto e con effetto domino ha chiuso i cordoni ad imprese e cittadini. Il così detto credit crunch  è una triste realtà.

Purtroppo il cambiamento ha riguardato  in meglio solo le pmi orientate all’export, costrette alla competizione sui mercati globali ed  in peggio il sistema creditizio che ha smesso di fare credito,   preso dalla morsa dei criteri restrittivi dell’adozione del sistema di valutazione di Basilea , dalla necessità di sostenere il debito ‘sovrano’ per la presenza nell’attivo delle banche di enormi volumi di Bot, Cct e Btp e dall’accumulo di un ammontare crescente di crediti in sofferenza.

Il sistema paese invece ( politici, sindacati, istituzioni, partiti, media , opinione pubblica etc.) non ha voluto e potuto accettare sia il cambiamento che i limiti di un indebitamento insuperabile  ed,  in assenza delle necessarie riforme , già messe in atto da altri paesi occidentali e dell’Eurozona , si è attardato in sterili dibattiti sulle colpe e sul tentativo di scaricare il peso della crisi sul qualcun ‘altro’. Il prevalere della protesta e la mancanza della consapevolezza della necessità di un cambiamento generale  hanno mandato in crisi di depressione il cittadino medio italiano , anche quello che può spendere,  indotto a rimandare le decisioni e ad attendere un mutamento di clima generale. Pertanto calano i consumi anche della ‘classe media’ e, ad esempio,  paradossalmente,  il recente risparmio sull’IMU, anziché aver prodotto ‘ripresa’ ha generato aumento dei depositi bancari .

Riforme radicali in tutti i settori ed in particolare nel settore del credito sono condizioni indispensabili per modificare il clima di sfiducia e di  rassegnazione . Senza il volano del credito l’economia non può riprendersi. . Come e cosa fare? L’esempi del Giappone  e della Spagna che hanno saputo intervenire pesantemente sul credito, riavviando il volano dei prestiti alle imprese e  ai cittadini , sono da imitare. La recente nuova  moratoria, accordo meritevole fra Abi e organizzazioni di categoria, che fra l’altro fa fatica a decollare operativamente, rappresenta solo un’aspirina per tener la febbre sotto controllo, ma ben altri impulsi devono provenire dal ‘sistema bancario’ che deve essere messo in grado di rifinanziare la ripresa. Finora le banche si sono leccate le ferite, ora la Bce deve promuovere nuovi strumenti di rifinanziamento e indurre le banche  a trasferire i fondi  alle imprese, altrimenti non si uscirà dalla crisi. Il governo deve favorire questo processo di aggiustamento del mercato del credito  e non stare a guardare. Mentre si parla invece di crisi di governo, che in questi frangenti sembra un paradosso.

L’estate si era chiusa bene con delle speranze. Speriamo allora  che la sensazione di sfiduciata attesa, che ci ha portato l’autunno,  sia spazzata via da proposte di cambiamento che attendiamo nei prossimi giorni  e sia confermato  il varo,  entro il 15.10.2013,  di una  legge finanziaria 2013/2014  di svolta per agganciare la ripresa dell’Eurozona .