ADDESSO LE BANCHE DEVONO FARE
( ma basteranno le manovre della Bce ad invertire la rotta della deflazione?)
La Bce ha abbassato il tasso di rifinanziamento allo 0,05% e reso il deposito della liquidità in eccesso oneroso (-0,20%). Le nuove mosse della Bce, e in particolare la penalità alle banche che non prestano alle aziende, dovrebbero spingere la banche ad aumentare gli impieghi. Il tutto rafforzato in prospettiva dal nuovo programma di acquisto da parte della Bce di titoli bancari cartolarizzati (ossia obbligazioni che incorporano crediti per mutui e finanziamenti già accordati dalle banche - denominati ABS = Asset Backed Securities) che renderà più liquido il sistema bancario.
I tassi in discesa possono valere 8 € sulla rata mensile in un mutuo da 100.000 €, ossigeno per una famiglia, un brodino per una azienda indebitata, ma meglio che niente.
Tuttavia è il credito che manca.
Ricordiamo che nell’ultimo anno le banche italiane hanno ridotto i finanziamenti di circa 100 miliardi di € e che la previsione degli analisti è che le banche italiane nel prossimo biennio potrebbero richiedere alla Bce liquidità per circa 200 miliardi di €, infatti hanno già prenotato in questi giorni circa 75 miliardi di €.
Nel frattempo l’uro si indebolisce ed è a tutto vantaggio dell’export che comincia a diventare più competitivo sui mercati internazionali .
Tutto bene allora? Finalmente una spinta creditizia alla crescita?
A nostro avviso manca un tassello molto importante per ritornare a vedere maggior credito concesso alle Pmi ed è quello dell’affidabilità e del merito creditizio.
Infatti nessuna iniezione di liquidità potrà convincere una banca a concedere credito ad una azienda che ritiene poco o per niente affidabile. Attualmente i bilanci di molte Pmi sono appesantiti dalla crisi di anni di vacche magre in termini di ordini e di margini e di tensioni finanziarie nel recupero dei crediti. Pertanto senza fondi di garanzia che integrino adeguatamente il rischio impresa, ben difficilmente molte delle Pmi potranno accedere ai nuovi fondi o ottenerli a tassi sostenibili.
Non si tratta di accordare il sostegno alle aziende performanti con rating positivi, che già autonomamente consentirebbero loro di ricorrere al maggior credito e a tassi vantaggiosi, ma di concedere copertura alle Pmi in crisi di liquidità, il cui business sia ancora valido, ma alle quali finora le banche hanno chiuso i rubinetti.
Dopo gli accordi sulla moratoria, che hanno consentito a molte aziende di reggere e sopravvivere nella tempesta, servirebbe una sorta di atto di politica industriale da utilizzare per finanziare ad ampio raggio anche le Pmi meno solide, che purtroppo sono molte e che, senza la copertura di una garanzia a costi contenuti, se non a costo zero, da parte di un fondo di garanzia, non otterrebbero credito comunque.
Associazioni di categoria, sindacati, governo e politici tutti, dedicati al ‘benaltrismo e cioè la spinta per la ripresa dipende sempre da qualcosa d’altro, mentre non stanno, a nostro avviso, valutando con l’attenzione che merita il problema della capacità di richiedere credito, perso in questi 5 anni di crisi, da parte delle Pmi, che fanno fatica a resistere e a ripartire.