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I conti non tornano 

2019-04-30 00:00:00.0000000

I CONTI NON TORNANO

SPENDIAMO SOLO PER PAGARE IL DEBITO

Negli ultimi 20 anni la Finanza Pubblica Italiana ha esibito un disavanzo (entrate minori delle spese) di circa il 3%.

I disavanzi primari (spese maggiori delle entrate al netto degli interessi) sono stati inferiori agli oneri per interessi pagati.

Tradotto: qualunque fosse l’andamento del ciclo economico il Paese ha contratto debiti per pagare non il capitale bensì gli interessi del passato, andando ad aumentare l’indebitamento complessivo.

Il risultato è stato l’impoverimento del Paese (che non ha investito abbastanza) e una progressiva perdita di efficacia della politica economica di qualsivoglia governo. Nel mentre la colpa della situazione veniva attribuita talvolta alla crisi, talvolta all’andamento del petrolio, o ancora alle regole della Ue troppo stringenti.

Oramai è scientificamente accertato che spendere in deficit non fa crescere l’economia; solo i governati italiani non vogliono prenderne coscienza.

Non è un caso se tutti gli organismi internazionali con a capo il Fmi sono concordi nell’affermare che la politica di bilancio dell’Italia non possiede una forza anticiclica, poichè schiacciata dall’onere degli interessi.

L’economista britannico Kynes, fautore del deficit spending (che in realtà serve per indirizzare le risorse negli investimenti e non nella spesa corrente improduttiva), pare sia divenuto la foglia di fico dietro cui la classe politica italiana nasconde l’incapacità, il coraggio e la determinazione di riportare il Paese sul sentiero della sostenibilità nel medio periodo.

L’ultima finanziaria approvata ne è la prova e la prossima sarà un ostacolo ancora più arduo da superare.

Fino a quando l’Italia potrà galleggiare senza andare a fondo?

La nostra industria si sta dimostrando concorrenziale, i servizi hanno cominciato a modernizzarsi e a produrre maggior valore aggiunto e occupazione, ma il sistema paese non trasmette segni duraturi di stare al passo coi tempi, di voler seriamente competere nell’agone internazionale mentre rischia di chiudersi in un isolamento pericoloso. 

Senza scelte coraggiose sul versante del contenimento del debito, sull’ aumento degli investimenti, sull’innovazione e sulle risorse umane, il debito ci costerà troppo caro e non si raggiungerà un tasso di sviluppo in grado di invertire la rotta del declino che il nostro paese sta imboccando.

Ultimo in tutte le classifiche dei paesi dell’Ue: questa è l’impietosa fotografia che le statistiche dei massimi organismi economico-finanziari mondiali ci attribuiscono.