L’ESEMPIO DI DEL VECCHIO, IMPRENDITORE DEL BELLUNESE CHE RISCHIA ED INVESTE NELL’ITALIANITÁ DELL’ OCCHIALERIA
Mentre la politica regionale di governo e di opposizione si occupa di temi eminentemente territoriali e le organizzazioni di Categoria tanto degli Imprenditori che dei Sindacati dei lavoratori si preoccupano di ottenere fondi e sussidi, un vecchio ma attento imprenditore non teme di investire ed allargare la sua influenza nel salotto buono della finanza italiana (Mediobanca) per difendere l’italianità del suo gruppo nel settore dell’occhialeria (Luxottica-Essilor) e di una delle più importanti istituzioni finanziarie italiane che è la Generali Assicurazioni.
L’età dell’imprenditore la dice lunga sulla capacità persa da tempo dell’ imprenditoria veneta di pensare in grande e di rischiare, protesa ancora com’è su un superato modello di sviluppo del piccolo è bello, sul contenimento dei costi anche tramite il trasferimento all’estero delle lavorazioni (Romania-Cina, etc). Quando le pmi raggiungono il loro massimo sviluppo o si integrano in filiere organizzative/produttive che fanno riferimento alla Baviera o ad altre regioni come Lombardia o l’Emilia oppure vengono cedute a imprese estere o a fondi comuni d’investimento.
Persi nell’ultimo decennio tutti i grandi centri decisionali economico-finanziari, dopo la cessione di Banca Antoveneta a Mps, poi col fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca e con l’entrata in crisi degli intermediari finanziari legati alle stesse, restava a Verona il gruppo assicurativo Cattolica Assicurazioni che in questi giorni verrà salvato e assorbito di fatto da Generali. Pertanto in Veneto saremo d’ora in poi dipendenti finanziariamente da centri decisionali esterni dalla Regione. Restano le ex Casse Rurali/Bcc anche loro divise in due gruppi (uno che punta al Trentino, l’altro a Roma).
Fortunatamente almeno un vecchio imprenditore di grande fiuto ha voluto mantenere il centro di riferimento dell’occhialeria in Veneto e ha deciso per di più di investire le sue risorse personali in Mediobanca (Milano) e quindi a cascata in Generali (Trieste) per difendere l’italianità di questi due grandi settori dell’economica italiana e triveneta.
Ricordiamo infatti che da alcuni anni è in corso il fenomeno di acquisizione da parte di imprese e fondi esteri di piccole e medie aziende italiane di nicchia, depauperando il territorio del loro centro di influenza e trasferendo all’estero il comando o peggio riducendo la produzione in loco e gestendo commercialmente il marchio. Tale fenomeno potrebbe aumentare dato che la pandemia da Covid-19 sta indebolendo alcuni settori e alcune imprese, rendendo alcuni imprenditori impauriti pronti a cedere anche a prezzi non del tutto remunerativi.
Del Vecchio dovrebbe essere preso d’esempio ed imitato dall’imprenditoria Veneta tuttora vitale nel settore manifatturiero e nell’export, in grado di andare oltre alle difficoltà causate dal Covid 19 e di superare le ripercussioni nelle filiere di fornitura di alcune grosse aziende (leggi gruppo Benetton per la nota vicenda Autostrade o Geox e Diesel per fare alcuni nomi) in fase di revisione della loro organizzazione. Il settore dei servizi e in particolare quello del turismo, della ristorazione e della scuola (Università) deve affrontare invece veri e propri difficili mutamenti epocali che richiedono scelte radicali e rischiose per garantirne la sopravvivenza.
Le nostre città, paesi e borghi non potranno vivere solo di commercio e turismo qualora le aziende trainanti cedessero il passo o chiudessero o cadessero in mano altrui.
Per fare un esempio a noi vicino, con metà degli studenti che non ritorneranno presto a frequentare l’Università di Padova e con le banche e molti uffici in smart working, con sportelli e filiali bancarie ridotte all’osso (la fusione fra Banca Intesa e Ubi non sarà indolore anche nel Veneto) lo spopolamento in via Turati, in Zona Portello, in zona Cliniche, in Centro Storico, potrebbe diventare la normalità. Tale calo strutturale di presenze comporterà per la mobilità cittadina, per il commercio e la ristorazione un calo di fatturato che obbligherà più di qualcuno a ripensare come e se tenere aperto mentre le Istituzioni (Regione, Comuni, Banche, Università) non possono continuare a occuparsi solo delle loro competenze bensì devono presto trovare un tavolo comune per studiare e introdurre delle soluzioni concrete e innovative che non possono solo essere quelle dell’auspicata autonomia o quella dei sussidi statali.
Bisognerà investire e molto, non solo da parte del settore pubblico (ricorso al MES, Recovery Fund, Sure, tutti strumenti europei da utilizzare al massimo e al più presto), ma dovrà essere coinvolto soprattutto il settore privato con l’utilizzo dei suoi capitali che non possono rimanere depositati in banca. Il privato deve tornare a rischiare e utilizzare quello spirito imprenditoriale che fece grande il Veneto nel dopoguerra, perché gli effetti negativi della pandemia non si superano solo con gli interventi sanitari bensì con rinnovato coraggio e un nuovo slancio imprenditoriale.