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Quello che non si ha il coraggio di dire 

2012-04-04 00:00:00.0000000

QUELLO CHE NON SI HA IL CORAGGIO DI DIRE

-che il sistema bancario europeo  è in crisi strutturale e neanche i tedeschi ne usciranno senza danni

-che i banchieri non  si fidano e non sanno cosa fare, condizionati dal deflusso dei depositi

-che i governi non agiscono per lo sviluppo e la ripresa, concentrati solo sul contenimento del  debito

 

La situazione del credito è non solo difficile, ma sembra  irrisolvibile. Le comuni giustificazioni che l’Abi ed il Governo  danno e che è una questione di tempo  non convincono: bisogna aspettare che la liquidità concessa da Bce arrivi all’economia reale ed i rubinetti del credito si riapriranno a condizioni meno care .Intanto dei mille miliardi di € presi a prestito  quasi 800 continuano ad essere parcheggiati  allo 0,25%, presso la Bce stessa. Segno che i banchieri non si fidano ad impiegare tutta questa liquidità. Tanto che si vocifera che alcune banche , fra le quali anche la nostra Unicredit,  sarebbero intenzionate a restituire parte dei finanziamenti, al fine di risparmiare sul costo dei Cds (Credit default swaps-certificati usati per coprirsi sul rischio di default dei debiti sovrani). Insomma  da qualche settimana  tutta la curva dei tassi è tornata a risalire: Btp a 5 anni più 90 centesimi, biennali  più 106 centesimi. Azzardiamo l’ipotesi che le banche italiane abbiano  smesso di comprare titoli del debito pubblico italiano perché non credono negli effetti positivi della manovra sulla  ripresa e pertanto, ad evitare di accumulare ulteriori perdite sui titoli di stato, abbiano deciso di aspettare . Non concedono credito alle imprese e famiglie , ma nemmeno comprano più i titoli di stato: ecco svelato il motivo perché lo spread sul Bund  da 2 settimane è ripreso a aumentare, e non solo per le difficoltà dell’accordo sul costo del lavoro, come riportano Tv e giornali.  Ecco svelato il motivo perché facciamo fatica ad avere delibere in aumento degli affidamenti e diminuzione di condizioni, anche se l’attuale livello del costo del credito è ritenuto da tutti non sopportabile a lungo dalle imprese. Le banche hanno  loro per prime dei dubbi sulla possibilità di effettiva ripresa dell’economia italiana.

In effetti non è solo il sistema bancario italiano in difficoltà, ma  è tutto il sistema bancario europeo che è in crisi finanziaria  ed il credit crunch è generato da un deposit crunch   ( calo dei depositi per la crisi e recessione europea imperante) , crisi accompagnata da una sbagliata architettura del sistema dei pagamenti  europeo ( denominato Target 2), che  funzionava in periodi di sviluppo ma che in una fase di crisi strutturale  si è bloccato in quanto non si era  tenuto conto della circolarità dei rapporti.

In deposit crunch sono le banche dei paesi a più alto deficit  ( solo  in l’Italia il deficit  di raccolta – funding in inglese- delle banche rispetto agli impieghi ammonta a 383 miliardi di € , aggravato nel corso del 2011 da gennaio  novembre di 50 miliardi – dati Sole 24 ore – del 3 aprile 2012).

In ansia per la tenuta dell’Euro ed il funzionamento dei mercati  è  invece la Bundesbanck , chi l’avrebbe mai detto, che  è oramai creditrice per oltre 600 miliari di Euro nei confronti della Banca d’Italia e di tutte le altre banche centrali dei paesi deboli. In sostanza le banche centrali dei paesi deboli sono diventate debitrici di tale somma ingente  in quanto, a seguito della così detta balcanizzazione dei mercati finanziari nazionali,  il mercato interbancario europeo si è in quest’ultimo anno inceppato . A causa della  mancanza di fiducia fra banche,  il sistema di pagamenti europeo denominato Target  2 funziona solo con i fondi che si prestano fra loro le banche centrali.  Il meccanismo ha funzionato così: le banche dei paesi deboli faticavano ad ottenere  liquidità sull’interbancario e si  sono rivolte alle rispettive Banche centrali, che a loro volta si sono  rivolte alla Bundesbank , che  piena di liquidità depositata dalle banche tedesche, che invece raccolgono sui mercati a piene mani e a tassi vantaggiosi, ha finanziato il sistema . Intanto la Bce  con i suoi interventi ha dato circa mille miliardi di € al sistema bancario europeo: nei paesi deboli le banche hanno reinvestito  parte della liquidità nei titoli dei rispettivi stati ,  lucrandoci, parte l’hanno parcheggiata in Bce per poter onorare i debiti (obbligazioni) in scadenza nei prossimi mesi-anni- non fidandosi della ripresa dell’economia e della fiducia dei risparmiatori. Il sistema bancario tedesco invece ha depositato la liquidità in Bundesbank , che ha pensato  di lucrare  sui differenziali dei tassi, ma solo da poco  ha capito che si è assunta indirettamente  il rischio di ultima istanza e  di non poter  assieme alla Germania di fatto più  uscire dall’Euro senza grossi danni.

L’irrigidimento della Germania più che dalla crisi Greca, crediamo nasca da tale ipotesi contabile, e solo in questi giorni anche l’establishment tedesco sta  prendendo atto che la crisi dei depositi, generata dalla caduta della produzione e dello sviluppo in Europa, sia l’origine della attuale carenza di credito nei paesi deboli e possa alla fine condizionare negativamente la Germania stessa.

Ora la Bce, messa una  toppa con l’iniezione di liquidità, deve spiegare ai governi, Germania in testa, che il sistema bancario è molto fragile in tutti i paesi Europei  ( la Deutche Bank , principale banca tedesca, che paradossalmente è liquida,  ha una leva di 39, cioè ha debiti 39 volte superiori ai mezzi propri, contro Unicredit che ha una leva di solo 17 volte, si fa per dire) e che il problema della liquidità è europeo , non delle singole nazioni, e va risolto , secondo lo schema in atto negli Usa, permettendo , se occorresse ancora, di inondare il sistema di liquidità, per spegnere le fasi acute di crisi e guadagnare il tempo necessario per ricapitalizzare le banche., altro che rischio di inflazione.  Solo con più Europa ed un accordo politico comune se ne esce, altrimenti sarà crisi per tutti. Intanto l’Italia deve cercare comunque  di risolvere il problema della liquidità- del  funding , trasformando parte degli impieghi  preesistenti ( prestiti)in titoli ( securitization del credito ipotecario ad esempio,  emettendo titoli  garantiti da ipoteche, più graditi perché garantiti )  e  deve  tentare una politica industriale –finanziaria tesa a promuovere  gli investimenti infrastrutturali ( banda larga, recupero del territorio , ristrutturazioni urbane, nuove linee ferroviarie- metropolitane, bonifiche, vie del mare-  porti , ospedali, carceri etc. etc.), opere finanziabili  tramite  l’emissione di strumenti innovativi, che peraltro si rifanno al passato,  quali titoli emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti . E’ una esperienza positiva  sperimentata negli anni  del dopo la grande  depressione del 1929/30. Se tiriamo solo la cinghia e ci affidiamo solo ai tagli non ne usciremo ( Grecia docet). In attesa che faccia effetto il tanto sospirato contenimento della spesa pubblica, ci vuole  anche un volano della crescita interna capace di  attirare capitali esteri ,  che arriveranno in maniera strutturale non solo  a seguito della ritrovata competitività delle imprese e del sistema paese, ma anche a seguito della capacità di  riformare il sistema bancario, rendere appetibili i nostri prodotti finanziari ( obbligazioni assistite da ipoteche)  e  impostare  una  seria politica di marketing territoriale.

Negli anni 30 la riforma del sistema bancario riuscì, accelerando il processo di investimento in un paese allora povero di capitali e ricco di dissesti bancari. Perché non riprovare l’esperienza di allora?